Sono stato ad Ecomondo. Insieme ad altre migliaia di persone.

Principalmente per lavoro, per approfondire alcuni dei contenuti che sono tema di questo magazine, ma un po’ anche per curiosità, per capire che direzioni prenderà in futuro la green economy.

Sono stato ad Ecomondo. Insieme ad altre migliaia di persone.

Principalmente per lavoro, per approfondire alcuni dei contenuti che sono tema di questo magazine, ma un po’ anche per curiosità, per capire che direzioni prenderà in futuro la green economy.

La prima riflessione, molto laterale, riguarda il fatto che per arrivare ad un parcheggio sono stato in coda quasi un’ora. Insieme ad altre migliaia di vetture.Con i motori accesi: prima – seconda, prima – seconda un’infinità di volte per fare pochissimi chilometri. Non molto ecologico come inizio e forse gli organizzatori qualche domanda dovrebbero farsela, ma – come dicevo – questa prima riflessione è laterale.

La manifestazione, in sé, invece ha trasmesso belle sensazioni, la percezione di un interesse davvero comune verso le nuove frontiere dell’energia, del riciclo, del recupero. Forse perché sempre più persone si stanno accorgendo che, oltre ad essere drammaticamente attuale, il tema dell’ambiente è sempre più autentico business. Vivaddio.

Ma la vera riflessione, come sempre da non addetto ai lavori, è prettamente etimologica e parte da quella stessa gigantesca scritta che accoglie i visitatori: Ecomondo.

“Sarai mondo se monderai lo mondo”, arringava il monaco Zenone al beneamato Brancaleone. Un gioco di parole che racconta perfettamente la simbiosi tra noi e il nostro pianeta. La parola mondo contiene entrambi i significati: nasce per definire il “creato”, il cielo e la terra, ma anche per sottolinearne l’eleganza, la bellezza, la purezza. Mondare significa puntare al recupero di questa purezza, così come l’immondizia è quanto da essa è più lontano. Trasformare ciò che è immondo in mondo significa recuperare intatto il valore di quanto ci circonda, di quanto ci appartiene, di quanto noi apparteniamo.

Ma c’è anche Eco.

L’etimologia riporta all’oikos, la casa, l’ambiente. L’ecologia è la disciplina che studia l’ambiente in cui viviamo, la nostra casa in senso esteso, appunto.

Ma Eco era anche una delle ninfe dei boschi montani. La sua storia è triste se non fosse che – come tutte le vicende divine dell’antica Grecia – ha anche un certo grado di divertimento. Era una chiacchierona, Eco, oggi diremmo una pettegola. Così tanto ciarliera che Giove, notoriamente incline agli amori extra talamo, volle approfittarne mettendola accanto alla moglie, Giunone, per distrarla dalle sue fughe clandestine. Solo che Giunone non era Dea per caso: comprese l’inganno e ovviamente, come sempre succede quando i potenti litigano tra loro, se la prese con la povera ninfa, condannandola al silenzio eterno. L’unica cosa che poteva fare era ripetere le ultime parole di chi le parlava. Una situazione complicata per le relazioni sociali e soprattutto in quelle del cuore. Innamorata di Narciso, la povera Eco non riusciva ad esprimergli i propri sentimenti ma solo ad indispettirlo ripetendogli ogni volta l’ultima parola che lui le pronunciava. Un Narciso che se ne andò irritato e che poi finirà nell’incanto autoreferenziale con cui lo conosciamo.

Ma sono le sorti di Eco che qui ci interessano, i destini di una ninfa condannata a riecheggiare eternamente e inutilmente nelle valli del mondo.

Ecco, alla fine, in Ecomondo, se vogliamo, può esserci anche questo significato: questo pianeta lo possiamo recuperare, questa bellezza la possiamo salvare, ma solo se la smettiamo di ripetere istericamente e all’infinito le ultime parole di chi ne parla prima di noi, magari senza troppe competenze, e ci rimbocchiamo le maniche in concreto, come hanno fatto, dati alla mano, gli associati di Firi. E come forse, per la prossima edizione, si potrebbe fare impostando un’organizzazione viaria migliore per i parcheggi della fiera di Rimini.